Utilizzo dell'ossigenoterapia con nasocannule ad alti flussi

Redazione: Dr.ssa F. Meroni

Approvazione: Dr. R. Bellù

Data: Luglio 2013

Definizione

La terapia ad alti flussi è una modalità di ossigenoterapia in cui vengono somministrati tramite nasocannule gas respiratori (miscele di aria e ossigeno) umidificati e riscaldati con flussi maggiori rispetto al fisiologico picco di flusso inspiratorio del paziente (solitamente ≥ 2 l/min).

Ciò permette di utilizzare maggiori FiO2del flusso di gas inalato (attraverso un proporzionale ridotto ingresso di aria ambiente durante l’inspirazione e una ridotta miscelazione dei gas terapeutici con l’aria ambiente inspirata), consente il miglioramento degli scambi respiratorie la riduzione dello sforzo respiratorio e del dispendio energetico.

Il riscaldamento e l’umidificazione del flusso erogato, inoltre, consentono la minimizzazione della tossicità dei gas terapeutici sulla mucosa delle vie respiratorie, migliorano la meccanica respiratoria e preservano l’integrità della funzione di clearance muco-cigliare.

I presidi utilizzati in corso di terapia ad alti flussi, infine, risultano meglio tollerati dal paziente e minimizzano le lesioni al naso e al volto talvolta correlate all’utilizzo della CPAP.

Meccanismi d’azione

Il principale meccanismo attraverso cui si esplica l’efficacia terapeutica degli alti flussi sembra essere il washout dei gas espirati a livello della regione nasofaringea (riduzione dello spazio morto anatomico extra-toracico), con ottimizzazione della ventilazione spontanea e dell’eliminazione della CO2.

Attenzione: la chiusura prolungata della bocca e/o la completa occlusione delle narici con i rebbi delle naso cannule possono ridurre l’efficienza del washout.

L’utilizzo di flussi superiori al normale flusso inspiratorio del paziente minimizza le resistenze delle prime vie respiratorie legate alla deformabilità inspiratoria del nasofaringe, consentendo una riduzione del lavoro respiratorio.

La riduzione del lavoro respiratorio che si ottiene in corso di terapia ad alti flussi, tuttavia, non sembra essere legata solo alla riduzione delle resistenze respiratorie. E’ stato, infatti, documentato che flussi di 3-5 l/min esercitano sul lavoro respiratorio di un neonato di 1 Kg lo stesso effetto di una CPAP a 6 cmH2O, nonostante una ridotta pressione rilevata a livello esofageo; questo effetto non trova, quindi, giustificazione nella sola capacità di distendere delle prime vie aeree e presuppone un più complesso meccanismo d’azione con effetto favorente sul lavoro respiratorio.

Sebbene la maggior parte della letteratura sia concorda nell’attribuzione agli alti flussi di un qualche effetto pressorio nelle vie aeree, questo aspetto rimane al momento difficilmente documentabile e monitorabile, con variabilità correlata a diversi fattori quali il peso del bambino, le perdite attraverso la bocca, ecc.

Attenzione: la chiusura prolungata della bocca e/o la completa occlusione delle narici con i rebbi delle naso cannule possono determinare un incontrollato incremento della pressione nelle vie aeree.

Il riscaldamento e l’umidificazione del flusso consentono di preservare l’integrità anatomica e funzionale dell’intero apparato respiratorio, minimizzando i potenziali effetti lesivi del flusso stesso sulla mucosa e l’apparato muco-cigliare e riducendo le perdite insensibili legate alla perspiratio; ciò si traduce nella riduzione della componente bronco spastica, nell’incremento della compliance e della conduttanza polmonare con globale miglioramento della meccanica respiratoria.

La letteratura ad oggi riporta numerosi vantaggi dell’utilizzo della terapia ad alti flussi. I benefici includono la riduzione delle infezioni e degli incidenti polmonari correlati alla ventilazione (Shoemaker et al, 2007; Holleman-Duray et al, 2007), il miglioramento della compliance del paziente (con ridotta necessità di sedazione farmacologica – Roark et al, 2006) e la riduzione dell’incidenza e della gravità delle lesioni nasali (Saslow, 2006; Shanmuganada and Rawal, 2007); i presidi utilizzati nella terapia ad alti flussi (se paragonati a quelli utilizzati in CPAP), inoltre, consentono di approcciarsi al neonato con maggior semplicità e libertà, favorendo il coinvolgimento del genitore nella cura del proprio bambino. Più controversi sono i benefici per outcome quali:

Campbell (2006): (RCT) EG media 27 settimane (40 pazienti), all’estubazione flusso medio 1,6 l/min umidificato ma non riscaldato vs nCPAP 5-6 cmH2O → maggior tasso di reintubazione nel gruppo in terapia con alti flussi, non differenza tra i due gruppi per quanto riguarda gli outcomes secondari (NEC, IVH, CLD, ROP, sepsi); Shoemaker (2007): (studio osservazionale retrospettivo) popolazione eterogenea, flusso 2,5-8 l/min vs nCPAP 3-8 cmH2O → per EG < 30 settimane, maggior tasso di reintubazione nell’arco temporale di utilizzo della CPAP come prima scelta di assistenza respiratoria, non differenza per quanto riguarda gli outcomes maggiori (durata della ventilazione, NEC, IVH-III/IV, CLD, ROP, PDA, morte); Holleman-Duray (2007): (studio osservazionale) EG media 27 settimane, flusso 4-6 l/min (64 pazienti) vs nCPAP 8 cmH2O (49 pazienti) → tasso di reintubazione simile tra i due presidi (12,5% vs 14,5%), miglior accrescimento ponderale nel gruppo in terapia con alti flussi, non differenza per quanto riguarda gli outcomes maggiori (NEC, IVH, BPD a 28 giorni e 36 settimane post-concezionali, ROP-III, PDA, leucomalacia periventricolare, late-onset sepsi);

Nair (2005): (RCT) EG media 32 settimane (67 pazienti), flusso 5-6 l/min vs bubble-CPAP 5-6 cmH2O → studio incompleto e pubblicato solo in forma di abstract, conclude per una apparente uguaglianza dei due presidi per quanto riguarda il tasso di intubazione per fallimento del supporto non invasivo e gli outcomes secondari (durata dell’assistenza respiratoria, pneumotorace, sepsi, lesioni nasali, durata dell’ospedalizzazione);

Sussistono, tuttavia, anche alcuni svantaggi:

Indicazioni d’uso

La letteratura attualmente disponibile non conclude univocamente né sulle indicazioni, né sulle modalità di utilizzo della terapia con alti flussi in ambito neonatale; esistono diversi lavori di peso variabile e dalle conclusioni talora contrastanti. Ciò si traduce in un’estrema eterogeneità di protocolli operativi tra i diversi Centri a livello internazionale, non solo per quanto riguarda le indicazioni d’uso ma anche (e soprattutto) per quanto riguarda le modalità di utilizzo e svezzamento dalla terapia. L’applicazione della terapia ad alti flussi viene riportata (dalla letteratura e dalle diverse esperienze dei singoli Centri) in varie condizioni cliniche:

Le modalità di utilizzo non sono univoche (eterogeneità dei pazienti candidati all’alto flusso e variabilità dei flussi utilizzati); talora, inoltre, tale terapia non rappresenta un’opzione terapeutica routinaria, ma rientra nell’ambito di trials clinici in atto.

Una recente revisione sistematica Cochrane conclude che, per insufficienza di evidenze in termini di efficacia e sicurezza, la terapia ad alti flussi non può essere considerata un’alternativa alla CPAP nel trattamento dell’RDS del prematuro (Wilkinson D, Andersen C, O'Donnell CP, De Paoli AG: High flow nasal cannula for respiratory support in preterm infants. Cochrane Database Syst Rev. 2011 May 11;(5):CD006405).

Queste indicazioni si collocano, pertanto, nell’ambito di un atteggiamento terapeutico ancora non univoco; in attesa di nuove evidenze (soprattutto in merito all’entità della pressione positiva generata nelle vie respiratorie dagli alti flussi), si è identificato nell’esperienza e nell’attuale pratica anglosassone l’atteggiamento terapeutico più prudenziale e condiviso, al quale quindi si fa preferenziale riferimento [Linea Guida all’utilizzo della terapia con alti flussi umidificati attraverso naso cannule (HHFNC) in Terapia Intensiva Neonatale della NHS Forth Valley - Women & Children’s Unit (UK)]. (http://www.nhsforthvalley.com/__documents/qi/CE_Guideline_WCDNeonatal/HumidifiedHighFlowNasalCannulaeGuideline.pdf).

La terapia ad alti flussi viene quindi riservata a pazienti con stabilità polmonare (pazienti in cui non c’è necessità di aprire o mantenere stabili gli alveoli), ancora dipendenti da un supporto respiratorio per garantire un’adeguata ventilazione ed ottimizzare lo scambio dei gas:

Considerare la terapia ad alti flussi quando:

  • CPAP 3-4 cmH2O da almeno 24 ore e
  • fabbisogno di O2< 40%

Passare ad ossigenoterapia tradizionale quando:

Modalità di utilizzo

Scelta della naso cannula

Il diametro delle nasocannule deve essere inferiore al 50% del diametro delle narici del paziente, nel dubbio scegliere il presidio più piccolo; la tabella offre una guida alla scelta del presidio più idoneo, che va tuttavia sempre verificato in relazione alle caratteristiche del paziente

Peso Tipo di cannule Diametro esterno
<1400 g Prematuro 0.14 cm
1400-2600 g Neonatali 0.19 cm
>2600 g “Infant” 0.27 cm

Flusso

FiO2

Temperatura

Monitoraggio continuo di frequenza cardiaca, frequenza respiratoria e SatO2; TcCO2e monitoraggio emogasanalitico secondo indicazioni cliniche.

Se, ad ottimizzazione dell’assistenza respiratoria, il paziente richiede una FiO2> 0,6, o sviluppa ipercapnia/acidosi respiratoria, o manifesta apnee che richiedono assistenza medica, è necessaria una diversa strategia di assistenza respiratoria.

Svezzamento dalla terapia con alti flussi

Non è possibile svezzare il paziente dagli alti flussi fintanto che la FiO2rimane > 0,30

Schema di svezzamento semplificato:

Controindicazioni