Redazione: Dr.ssa M. Condò
Approvazione: Dr. R. Bellù
Data: gennaio 2010
Algoritmo TTTS
La sindrome da trasfusione feto-fetale è una patologia progressiva che si verifica nel 10-20% delle gravidanze gemellari monocoriali1 e che dipende dalle anastomosi vascolari placentari intergemellari e dalle variazioni fetali di tipo umorale, biochimico, funzionale ed emodinamico (2).
Il meccanismo primario è la presenza di una vasculopatia placentare. Nelle gravidanze gemellari monocoriali sono presenti delle connessioni vascolari placentari tra le circolazioni dei due gemelli:
Le anastomosi arteriose (a-a) e quelle venose (v-v) sono superficiali ed in entrambe il flusso ematico è bidirezionale, mentre tra le anastomosi artero-venose (a-v), che sono anastomosi profonde, lo scambio di sangue intergemellare è unidirezionale e segue il gradiente pressorio.
In condizioni di equilibrio, l'ineguale (unidirezionale) scambio ematico esistente tra le anastomosi artero-venose (a-v) è controbilanciato dallo scambio equilibrato a livello delle anastomosi arteriose (a-a) ed in misura minore a livello di quelle venose (v-v), che quindi sono protettive.
Uno dei meccanismi alla base della sindrome da trasfusione feto-fetale è la scarsità delle anastomosi arteriose (a-a) che consentono un equilibrio tra le circolazioni gemellari, con il conseguente prevalere delle anastomosi artero-venose (a-v), che causa un disequilibrio del flusso placentare da un gemello verso l'altro (3,4). In particolare l'origine, la tempistica e la severità di tale patologia dipenderebbero oltre che dal numero e dal tipo di anastomosi vascolari presenti, anche dal loro diametro, dalle resistenze vascolari e dal tipo di placca corionica.
Tra i meccanismi patogenetici di tale sindrome, oltre alle anastomosi vascolari placentari, sono da considerare l'inserzione del cordone e la suddivisione della placenta (2).
La conseguenza del disequilibrio tra le circolazioni gemellari è che un gemello diventa un donatore e l'altro un ricevente del flusso ematico transplacentare, con conseguenti alterazioni emodinamiche, ormonali e biochimiche. Il donatore manifesterà ipovolemia, oliguria ed oligodramnios, mentre il ricevente ipervolemia e polidramnios.
Studi di immunoistochimica (5) hanno rilevato che nel donatore vi è un'up-regulation del sistema renina-angiotensina, come conseguenza dell'ipovolemia. Il rilascio di angiotensina II, aldosterone ed ormone anti-diuretico aumentano la vasocostrizione e la ritenzione idrica, per il ripristino nel donatore di una normale volemia. Con la progressione della patologia o in casi severi di sindrome da trasfusione feto-fetale, un'ulteriore vasocostrizione fetale compromette i flussi ematici renale e placentare, causando un peggioramento dell'oliguria e possibili alterazioni renali strutturali e funzionali (degenerazione tubulare renale, apoptosi cellulare, perdita di glomeruli, riduzione dei tubuli, disgenesia renale), oligodramnios e ritardo di crescita.
Il gemello ricevente, pur presentando una down-regulation del sistema renina-angiotensina come conseguenza dell'ipervolemia, ha dei livelli serici degli ormoni rilasciati dal sistema renina-angiotensina simili a quelli del donatore (6), suggerendo un loro passaggio dal donatore tramite le anastomosi vascolari intergemellari; la conseguenza è una vasocostrizione con aumento delle resistenze vascolari periferiche. Nel ricevente vi è, inoltre, un aumento di altri ormoni vasoattivi, come il peptide natriuretico atriale, il peptide natriuretico del cervello (effetto diuretico, natriuretico, vasodilatante) e l'endotelina 1 (effetto vasocostrittore), che si correlano alla disfunzione cardiaca.
Il ricevente è, quindi, sottoposto ad un duplice insulto: un aumento del precarico ed un aumento paradosso del postcarico.
La sindrome da trasfusione feto-fetale comporta anomalie cardiache sia funzionali che strutturali soprattutto nel gemello ricevente, rappresentando la causa primaria di decesso nel ricevente e concausa di mortalità e morbidità nel donatore.
I rilievi ecocardiografici nel ricevente consistono in: ipertrofia ventricolare mono- o bilaterale (18-49%), dilatazione ventricolare (17-31%), aumento dell'indice cardio-toracico (47%), insufficienza tricuspidalica (35-52%), insufficienza mitralica (13-15%), ostruzione all'uscita ventricolare destra (9.6%).
Il ricevente presenta una cardiomiopatia progressiva, per cui è importante il follow-up ecocardiografico fetale e postnatale. Inizialmente si ha una dilatazione ed un'ipertrofia ventricolari, più marcate al ventricolo destro rispetto al sinistro, che peggiorano col progredire della malattia. Ad esse si associa un'insufficienza delle valvole atrio-ventricolari, con iniziale interessamento della tricuspide e poi della mitrale. Il rilievo di un aumento della pressione ventricolare destra, suggerisce la comparsa nel ricevente di una cardiomiopatia ipertensiva, che si pensa sia dovuta a sostanze vasoattive provenienti dalla placenta e dal gemello donatore (angiotensina II, endotelina 1).
Il ricevente presenta quindi un aumento del volume ematico, vasocostrizione ed ipertrofia ventricolare. Col progredire della disfunzione ventricolare diastolica, vi è un interessamento anche della funzione sistolica ventricolare (diminuisce la frazione di accorciamento, peggiora l'insufficienza delle valvole atrio-ventricolari), a cui seguono una riduzione della gittata ventricolare, idrope e morte fetale.
Il progredire della patologia può causare anche stenosi o atresia polmonare acquisita con setto interventricolare integro, per diminuzione del flusso ematico attraverso la valvola polmonare.
Il donatore presenta raramente anomalie ecocardiografiche, in quanto il miocardio riesce ad adattarsi ad una diminuzione del precarico e ad un aumento del postcarico. Le dimensioni delle cavità ventricolari e del cuore in toto sono in genere ridotte.
Nella sindrome da trasfusione feto-fetale vi è un rischio aumentato di cardiopatie congenite, tra cui le più frequenti sono i difetti del setto interatriale e del setto interventricolare.
In passato la diagnosi di trasfusione feto-fetale si basava sul rilievo neonatale di una discordanza di peso neonatale maggiore del 20% e di una differenza dei valori di emoglobina da cordone superiore a 5 g/dl. Tali criteri non appaiono più sufficienti per la diagnosi, per cui si ricorre ai seguenti rilievi ecografici (non è necessaria le presenza di tutti i criteri) (2):
La sindrome da trasfusione feto-fetale si pone in diagnosi differenziale con le seguenti condizioni:
Per la stadiazione della sindrome da trasfusione feto-fetale vi sono 4 possibili schemi:
1) Il più utilizzato è il punteggio di Quintero del 1999, che si basa esclusivamente sui reperti ecografici (7):
STADIO | OSSERVAZIONI | |||
Vescica del donatore | Liquido amniotico donatore/ricevente | Curve doppler | Altro | |
I | Invisibile | Oligo-/polidramnios | normali | |
II | non visibile | Oligo-/polidramnios | normali | |
III | visibile o non visibile | Oligo-/polidramnios | patologiche | |
IV | idrope fetale o ascite | |||
V | decesso di uno o entrambi i feti |
I limiti della stadiazione di Quintero sono rappresentati dall'assenza dei reperti ecocardiografici e dalla mancata distinzione tra la severità della patologia del gemello donatore e di quella del ricevente, non permettendo una previsione di sopravvivenza, di progressione della malattia e di prognosi (2,8).
2) La stadiazione di Cincinnati utilizza reperti ecocardiografici fetali (1):
Le anomalie ecocardiografiche del gemello ricevente si sono dimostrate come il miglior predittore di sopravvivenza del ricevente (9). Permette una previsione in termini di sopravvivenza, progressione della malattia, terapia e prognosi (10).
3) Il cardiovascular profile scoring system (CVPS) considera lo stato funzionale e strutturale del feto:
Questa stadiazione si è dimostrata utile nella previsione di sopravvivenza e di prognosi e può essere utilizzata come guida nella scelta e nella tempistica del trattamento (2,11).
4) Il sistema del Children's Hospital of Philadelphia (CHOP) è un punteggio cardiovascolare che valuta la severità della cardiomiopatia del gemello ricevente (12) (tab.4).
Rispetto al punteggio di Quintero, è un sistema di stadiazione completo che tiene conto della severità della patologia. I limiti sono rappresentati dalla necessità di una formazione ecocardiografica, dal tempo di valutazione di ciascun paziente e dalla necessità di studi di validazione per il suo utilizzo a fini terapeutici, prognostici, di sopravvivenza e di progressione della malattia (2).
Tra le terapie utilizzate nella sindrome feto-fetale vi sono l'amnioriduzione, la micro-settostomia e la fotocoagulazione laser, messe a confronto da una revisione sistematica della Cochrane (13).
L'amnioriduzione è la metodica più diffusa ed è stata impiegata inizialmente per creare comfort alla madre; successivamente si sono visti gli effetti positivi anche sul feto, in termini di migliorata circolazione placentare e prevenzione di un travaglio pretermine. E' stato rilevato un miglioramento della flussimetria Doppler nell'arteria uterina. La sopravvivenza dopo amnioriduzioni seriate varia dal 37% al 60%, mentre il rischio di danno neurologico è compreso tra il 17% ed il 33%. Possibili complicanze legate alla procedura sono stimate intorno al 10% ed includono la morte fetale, l'aborto spontaneo ed il distacco di placenta.
La microsettostomia permette di riequilibrare la dinamica del liquido amniotico tramite la puntura della membrana inter-gemellare, senza la necessità di amnioriduzioni plurime. E' stata riportata una sopravvivenza dell'83%, ma non sono documentati gli esiti neurologici o cardiaci. Il rischio principale legato a tale metodica consiste nella possibilità di creare una grande settostomia, con la formazione di un unico sacco amniotico ed il conseguente rischio di attorcigliamento del funicolo.
La fotocoagulazione laser agisce per via endoscopica sui vasi superficiali della membrana intergemellare, agendo sul meccanismo patogenetico alla base della sindrome feto-fetale. Per quanto la tecnica di fotocoagulazione selettiva permetta di identificare solo le connessioni vascolari inter-gemellari dirette, risparmiando i vasi non implicati nella patologia, non consente l'ablazione delle anastomosi vascolari profonde. La sopravvivenza varia tra il 55 ed il 73% ed i danni neurologici sono riportati nel 4.2% dei casi. E' una tecnica che richiede una formazione specialistica in fetoscopia e, quindi, è disponibile in pochi centri ospedalieri. E' una metodica più invasiva, con più elevata morbidità materna rispetto all'amnioinfusione e come questa richiede interventi ripetuti nel 20% dei casi.
Due studi clinici randomizzati (Eurofetus in Europa e NIH negli Stati Uniti) hanno confrontato l'amnioriduzione seriata e la fotocoagulazione laser.
Come riportato dalla revisione sistematica della Cochrane, in tutti gli stadi della sindrome da trasfusione feto-fetale la fotocoagulazione laser presenta esiti perinatali migliori rispetto all'amnioriduzione: minor mortalità di entrambi i neonati (RR=0.49; CI 95%=0.30-0.79), minor mortalità perinatale (RR=0.59; CI 95%=0.40-0.87), minor mortalità neonatale (RR= 0.29; CI 95%=0.14-0.61), maggior sopravvivenza senza esiti neurologici a 6 mesi (RR=1.66; CI 95%=1.17-2.35). Tale differenza non persiste nelle età successive.
La laser-terapia è, perciò, la terapia di scelta; in caso di mancata disponibilità è da preferirsi l'amnioriduzione (13,14).
Nonostante l'uso della fotocoagulazione laser, la mortalità e la morbidità neonatali rimangono elevate.Gli esiti sono sia secondari alla prematurità che ai meccanismi patogenetici legati alla sindrome da trasfusione feto-fetale.Il tasso di aborto spontaneo varia dal 3.5% al 17%. La rottura prematura delle membrane è compresa tra l'1-13% prima delle 24 settimane di gestazione e tra il 5-9.8% dopo le 24 settimane.
Il travaglio di parto pretermine < 33 settimane di gestazione varia dal 27% al 44%.
Le possibili complicanze neonatali sono:
Il donatore può andare incontro ad insufficienza renale acuta o cronica, con necessità talora di dialisi, come conseguenza dell'ipovolemia, ipotensione ed oliguria.
Alla nascita è quindi necessario monitorare attentamente la funzionalità renale.
Le alterazioni cardiovascolari che si riscontrano nel gemello ricevente sono l'ipertrofia e la dilatazione biventricolari con rigurgito tricuspidalico, che regrediscono completamente nei primi 6 mesi di vita (15,16). Le ipotesi patogenetiche sono due:
1) un'ipertrofia cardiaca da aumento del precarico, conseguente all'ipervolemia;
2) un'ipertensione da aumento del postcarico, in seguito a sostanze vasoattive secrete dal ricevente o passate dal donatore.
L'incidenza di cardiopatie strutturali è dell'11.2%, di cui il 7.8% è rappresentato dalla stenosi polmonare (16).
I danni neurologici nel gemello ricevente possono essere correlati alla policitemia ed alla stasi venosa e nel gemello donatore all'anemia o all'ipotensione. In caso di morte intrauterina di un gemello, un'ipotensione grave può determinare la riduzione delle resistenze placentari, con conseguente diminuzione della pressione di perfusione cerebrale e possibile insulto ischemico nel gemello sopravvissuto.
Le alterazioni ecografiche cerebrali comprendono l'IVH severa, la dilatazione ventricolare, le cisti cerebrali e la leucomalacia periventricolare (PVL), che non sempre si correlano con gli esiti neurologici. Questi ultimi possono essere rappresentati da anomalie minori (strabismo, lieve ritardo motorio, lieve anomalia del linguaggio) e da deficit maggiori (paralisi cerebrale, emiparesi, tetraplegia spastica, sordità), la cui incidenza è simile a quella dei gemelli monocoriali non affetti da sindrome da trasfusione feto-fetale, suggerendo l'influenza dell'età gestazionale nella patogenesi delle complicanze neurologiche.
Uno studio sulla sindrome da trasfusione feto-fetale con follow-up sino ad almeno 4 anni di età ha riportato un'incidenza del 21% di paralisi cerebrale (17).
In letteratura sono stati riportati alcuni casi di trasfusione feto-fetale cronica in gravidanze monocoriali, con evidenza di anemia in un gemello e di policitemia nell'altro gemello, in assenza però della sequenza oligo-polidramnios tipica della sindrome da trasfusione feto-fetale (18).
Lo studio placentare ha evidenziato in questi casi la prevalenza di piccole (< 1 mm) anastomosi artero-venose unidirezionali.
La diagnosi differenziale si pone sia con la forma acuta peripartum, che con la forma cronica di sindrome da trasfusione feto-fetale e con le cause isolate di anemia cronica (distacco parziale di placenta, infezioni, emorragia feto-materna cronica) e di policitemia (ipossia cronica associata a ritardo di crescita intrauterino).
Nella sequenza gemellare anemia-policitemia il gemello anemico non presenta segni di shock ipovolemico emorragico (pallore, tachicardia, ipotensione) e la reticolocitemia è elevata, suggerendo una perdita ematica cronica. Il gemello policitemico presenta una reticolocitemia normale, escludendo un'aumentata eritropoiesi da ipossia cronica.
La sequenza gemellare anemia-policitemia può avvenire sia spontaneamente, che su base iatrogena nel 13% dei casi di laser-terapia.
L'ipotesi patogenetica è che la trasfusione feto-fetale avvenga molto lentamente per la presenza di poche e piccole anastomosi vascolari placentari; per la legge di Poisseuille, infatti, nei piccoli vasi le resistenze vascolari sono aumentate e limitano il flusso ematico. Ciò permetterebbe di attivare nei due gemelli i meccanismi di compenso emodinamico (attivazione/inattivazione del sistema renina-angiotensina rispettivamente). Nel gemello donatore l'ematopoiesi compensatoria, testimoniata dall'elevata reticolocitemia, non è però sufficiente a prevenire l'anemia.
Un'altra ipotesi patogenetica è che si tratti una sindrome da trasfusione feto-fetale, in cui la nascita dei gemelli sia avvenuta prima che si instauri la sequenza oligo-polidramnios.
I criteri diagnostici consistono in una differenza significativa di emoglobina e di reticolociti tra i due gemelli in epoca fetale o neonatale, in assenza di oligo-polidramnios.
Non sono attualmente disponibili dati di mortalità o morbidità della sequenza gemellare anemia-policitemia.
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